CASA NOSTRA
Hombre Collettivo
regia Riccardo Reina
con Angela Forti, Agata Garbuio, Aron Tewelde
Vincitore Premio Scenario Infanzia 2020
ex aequo
Vincitore Premio della Critica Direction Under 30 2021
Teatro immagine – Teatro d’oggetti
dai 14 anni
durata 50’
Ciò che ci illudiamo di combattere fuori di noi, è già dentro di noi,
dentro la quotidianità della nostra vita, anche se non ne siamo consapevoli.
R. Scarpinato
23 settembre 2021: la sentenza della Corte d’Assise di Palermo sul processo Stato-Mafia riporta alla superficie della nostra memoria affastellata di immagini un pezzo di passato. Un pezzo di passato che, per quanto recente, è già diventato storia. Un pezzo di storia che, per
quanto decisivo, rischia già di cadere nell’oblio, con tutti i suoi paradossi e le sue contraddizioni. Un pezzo fondamentale per capire il puzzle del nostro presente. Un pezzo che si è tentato in tutti i modi di nascondere, alterare, ignorare: un pezzo mancante.
Casa Nostra non è solo un titolo: Nostra è la Casa che ci troviamo ad abitare, con tutto ciò che contiene. Nostra, che lo vogliamo o no, è quella Strana Cosa che abbiamo ereditato dagli inquilini precedenti. Nostra è la stanza dei giochi dove siamo stati finora rinchiusi, dove i bambini vengono lasciati mentre i “grandi” si occupano delle cose serie, quelle cose che è meglio che i bambini non sentano e non vedano.
Casa Nostra vuole indagare la storia recente d’Italia, prendendo come riferimento gli anni della Trattativa Stato-Mafia (anche alla luce della recente cronaca giudiziaria) e cercando di ripercorrere i fatidici anni compresi tra il 1990 e il 1994, determinanti rispetto alla comprensione del presente del nostro Paese.
Lo spettacolo si rivolge in particolare al pubblico degli adolescenti, tentando di raggiungerli con un linguaggio fatto di immagini e simboli, che possa intercettare la simultaneità e la multimedialità cui le nuove generazioni sono abituate.
Lo spettacolo, senza parole, ragiona tramite la giustapposizione significante delle parole altrui. La dinamica scenica si impernia su quattro personaggi/animatori che, rinchiusi in una metaforica “stanza dei giochi”, ripercorrono dinamiche e eventi animando, appunto, i giocattoli e interagendo con essi attraverso i codici del teatro d’oggetti e del teatro immagine.
Premio Scenario Infanzia 2020
Motivazione della Giuria
In una scena costellata di segni di grande impatto visivo e forza evocativa, quattro attori /funzioni si muovono come rabdomanti alla ricerca di segreti. Sono quelli di una storia italiana recente ma ancora difficile da decodificare, che straripa da sussidiari e libri di scuola e, come un magma incandescente, brucia chiunque voglia metterci le mani. Lo fanno con coraggio e voglia di rischiare Angela Forti, Agata Garbuio, Riccardo Reina e Aron Tewelde di Hombre Collettivo in uno spettacolo, Casa Nostra, che si annuncia come un detonatore di dibattito per il pubblico dei giovani spettatori, chiamati ad afferrare il bandolo di una matassa intricata che è nostro compito sciogliere, con pazienza certosina e passione per la verità e la giustizia.
Direction Under30 2021
Premio della Critica
Per la volontà di comprendere un tema contraddittorio, oscuro e determinante per la storia italiana, per l’audacia di avere attraversato una ferita ancora aperta e per l’intento di sottoporlo alle generazioni di adolescenti che non hanno vissuto in prima persona questi fatti, pur subendone le conseguenze sulla propria pelle, il premio della giuria critica va a Casa Nostra di Hombre Collettivo come gesto di sostegno a un percorso pieno di potenzialità, dal linguaggio nitido e consapevole e mosso dal desiderio di proporre un teatro che non si esaurisca nel solo evento spettacolare, bensì che mira a una progettualità diffusa negli ambiti scolastici e sociali.
L’equipe artistica
Hombre Collettivo nasce nel 2019 dal corso Animateria. Già dal primo studio dimostra la propensione alla ricerca e alla sperimentazione sui linguaggi del teatro di figura, da cui deriva una forte tendenza all’ibridazione e alla contaminazione di tecniche e codici. Una pratica condivisa nei suoi fondamenti e che si avvale delle diversificate competenze del gruppo, in una visione artistica coerente quanto sfaccettata. Le città indicibili, (selezionato Progetto Cantiere 2019), consiste, infatti, in un tentativo di esplorare le potenzialità e i limiti del teatro d’oggetti, d’ombre e di narrazione. Il gruppo prosegue, poi, la propria ricerca, concentrandosi sull’intersezione tra teatro d’oggetti e teatro civile, nel tentativo di affrontare in modo alternativo tematiche storiche e politiche fondamentali e attuali. Da questa intenzione nasce Casa Nostra, vincitore del Premio Scenario Infanzia 2020.
Angela Forti, di La Spezia, 1998. È laureata in Arti e Scienze dello Spettacolo alla Sapienza Università di Roma, con un percorso di studio incentrato sul teatro contemporaneo e gli studi performativi. Si occupa di critica teatrale per Teatro e Critica, con cui si è formata. Collabora con il Teatro del Drago di Ravenna. Dal 2020 è consigliere UNIMA Italia.
Agata Garbuio, di San Giorgio di Nogaro (Udine), 1988. Dopo la laurea in Arti Visive e dello Spettacolo e il diploma all’Accademia Teatrale Veneta, fonda la compagnia di teatro popolare BRAT, nella quale ricopre ruoli di attrice, mascheraia, insegnante e organizzatrice. È attrice per le compagnie BRAT, Pantakin da Venezia, Secret Ministry (Scozia), Stiching Musica in Scena (Olanda), Teatro del Silenzio, Vettori Ultramondo. Crea maschere per Teatro del Sangro e Teatro Stabile d’Abruzzo, Pantakin e Gran Teatro la Fenice.
Aron Tewelde, di Roma, 1996. Dopo gli studi al liceo classico, nel novembre 2018 si diploma presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico. Ha lavorato, tra gli altri, con i registi Danilo Zuliani (Kirikù un eroe piccolo piccolo), Giorgina Pi (Non normale, non rassicurante. Il Teatro di Caryl Churchill), Giorgio Barberio Corsetti (Tiranno Edipo), Michele Monetta (Mask 3) e Silvio Peroni (Il
mago di Oz).
Riccardo Reina, di Parma, 1986. Dopo la laurea in Filosofia all’Università Statale degli Studi di
Milano, dal 2009 al 2019 collabora stabilmente con il Teatro delle Briciole, dove si dedica alla ricerca sui linguaggi del teatro di figura così come al teatro e alla formazione teatrale rivolti all’infanzia e alle nuove generazioni. All’interno di questo percorso si inserisce la collaborazione con la compagnia DispensaBarzotti, con cui vince la Segnalazione Speciale del Premio Scenario 2015 per lo spettacolo Homologia, di cui è autore e interprete. È regista di Polvere, di Collettivo Superstite, con il quale vince il bando Visionari per Kilowatt Festival 2020. Nel 2020 fonda l’associazione culturale malerba, è responsabile del progetto Musemu (Thinkbig Parma 2020), è co-autore dello spettacolo digitale/live Nickname @Leonechestriscia.
Teddy. Seppure alla prima esperienza d’attore, dimostra notevole talento ed espressività.
Le parole dei ragazzi
Nuovi sguardi. Piccolo osservatorio su Scenario Infanzia
a cura di Beatrice Baruffini
C’è una colonna sonora, di musiche e suoni, che racconta la storia. Capaci l’abbiamo capito subito.
È un’uscita dell’autostrada dove è morto Falcone. Era scritto sui cubi, su quello non ci piove.
L’abbiamo letto. Poi l’abbiamo visto. C’erano delle macchinine, quella dei carabinieri e un macchinone.
Un’esplosione, sicuramente una bomba, quella della strage.
Poi entrano due vestiti di nero, tipo Matrix, o FBI o CIA. Raccolgono dei resti. Frammenti dell’incidente.
Il palloncino che scoppia è l’airbag. Il telecomando, un pezzo della macchina di Falcone. Era tutto visivo.
Immagini, una dietro l’altra da ricollegare. Da mettere insieme. Gli spettatori devono collegare gli indizi.
Poi ci sono delle voci della televisione. E una sfilza di nomi. Lunghissima.
Dei cattivi, quelli che hanno fatto qualcosa di male. Non so se politici o mafiosi. Va beh, cosa cambia?
Ci sono le didascalie sui cubi che aiutano. Danno i titoli. Quei pezzi di puzzle bianchi. Cosa vogliono dire?
Perché per me erano dei pezzi bianchi di storia che devono ancora essere scritti, o detti.
Da rimettere insieme e collegare. Dobbiamo scriverli noi? Chi deve farlo?
È davvero difficile, è qualcosa di ancora troppo presente.
Casa nostra è di tutti. Fa parte delle nostre vite e della nostra storia.
È superfluo capire precisamente tutto quello che succede. Ognuno ricollega alle cose che sa.
Per esempio io non so bene cos’è successo al Maxiprocesso.
Però già il nome mi fa capire che è stato un processo gigante, un processone, come quello dei nazisti.
Sono cose grandi che capitano alla storia.
E questa è proprio davvero la nostra, di storie. La mafia ruota attorno ai soldi e alle feste.
All’alcol e alla corruzione. Alle ruspe che distruggono interi palazzi, e alla droga, che forse è nascosta in quell’orsacchiotto. Funziona così: ti arriva un regalo da qualcuno che non sai, lo accetti, sei corrotto.
Quelle spie portano i regali alla ragazza. Ma è il ragazzo che accetta.
Giocano a Monopoli all’inizio perché è un gioco che ruota attorno ai soldi. Lì, con un gioco, inizia la corruzione.
Poi ti dicono: stai zitto. Taci. Così funziona la mafia. Dal gioco al maxiprocesso, ci si arriva facilmente.
Loro sono figli di un boss mafioso, è la loro stanza dei giochi. Giocano come i loro genitori. Ci sono dentro a quel mondo.
Sono in Sicilia. Dove bruciano le case. Perché tentano di corrompere la ragazza?
Perché lei è la più intelligente e sanno che forse non cede. Ho provato disgusto a vedere quello che passa alla televisione.
Le ragazze in fila sono Barbie che mostrano i loro corpi. Quelli che piacciono ai mafiosi. Corpi perfetti che ballano bene.
Così passano quegli stereotipi, che premono sulla psicologia delle persone.
La danza finale: c’è uno con una maschera strana, l’attore nero che vuole diventare bianco?
Come Michael Jackson, si vuole rifare. Perché non lo riconosciamo chi è. Forse la Casa di Carta?
Alla fine l’orsacchiotto o nasconde la droga come in Colombia, o esplode, perché la bomba l’hanno messa lì dentro.
È la mascotte della mafia. Intrigante. Questi punti di domanda ti restano tutto il tempo.
L’impatto visivo e acustico è forte. Ma come gli è venuta questa idea?
Volevano raccontarci una storia che dobbiamo continuare a vedere, perché noi non finiamo a ripetere certi grandi errori che sono costati la vita a tantissime persone. Poi è la nostra storia, che dobbiamo sapere a memoria, meglio della seconda guerra
mondiale. La storia della mafia è di adesso, la viviamo anche noi.
Ma poi, perché c’entra sempre Berlusconi quando si parla di cattivi? Berlusconi fa sempre una paura…
Quello è l’inno di Forza Italia? Ma non è l’inno d’Italia, vero? Di qualcuno forse sì.
Esco da quello spettacolo che ho voglia di saperne di più. Di fare ricerche, informarmi, chiedere, capire.
Mi chiedo se sono io che devo rimettere insieme quei pezzi. Lo dobbiamo fare insieme, tutti noi, spettatori.